XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO|B|
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 13,24-32)
24In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si scurerà e la luna non darà più il suo splendore25e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.26 Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27 Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. 28Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l’estate è vicina; 29così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. 30In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.
Tutto questo capitolo del vangelo di Marco, il tredicesimo, ritenuto in genere molto difficile ad essere spiega con chiarezza, ha almeno questa certezza: la fine dei tempi e, in essa l’avvento del Figlio Dell’Uomo.
Una prima constatazione può dedursi dai fatti che allora, in quel dato periodo storico, venivano vissuti e che poi costituiscono in qualche modo la prospettiva, l’angolatura, dalla quale viene vista e interpretata questa realtà.
Le difficoltà aumentano quando si mettono in riferimento al Libro di Daniele 9,27 che parla dell’abomino della desolazione.
Da parte nostra cerchiamo di ricavare degli insegnamenti spirituali che possano arricchirci oggi, qui.
Sono presenti e incalzanti ammonimenti, esortazioni, inviti pressanti (almeno 6 volte) “a vigilare” a “stare attenti” a “badare a sé stessi”.
Una prima domanda che ne consegue è la seguente: forse gli avvenimenti storici che si vivevano e anche una certa attesa della imminente parusia proiettavano il pensiero verso tali realtà ultime?
Di fatti, storicamente parlando, le cose non andavano bene: nel ‘66 avviene la prima rivolta giudaica che coinvolge anche la Galilea, L’Idumea e la Perea.
Tra il ’67 e ’70, prima Vespasiano e poi suo figlio Tito, con ferocia inaudita, sottomisero la Palestina e quanti non morirono di spada, finirono ai lavori forzati; nel ’70 – fatto centrale e orribile a dirsi – fu distrutto il Tempio, identità di tutto il popolo ed espressione della sua religiosità; nel ’73 ci fu la presa di Masada dove si suicidarono più di 900 persone. Questi tristi avvenimenti facevano presagire che tutto stesse per finire.
È in questo contesto che si crede che stia avvenendo l’abominio della desolazione descritto da Daniele circo 240 anni prima: cioè le persecuzioni, le guerre e la dispersione degli Ebrei… si riflettono anche nelle prime comunità cristiane – e Marco ne è l’espressione.
Come devono reagire i credenti in Gesù? Devono cercare di esortare tutti ad essere in guardia perché gli eventi storici fanno presagire l’imminente venuta di Gesù, anche se le tribolazioni a cui essi venivano incontro non erano altro che la riproduzione della vita del Maestro: il suo destino sarà anche il loro.
Sorgeranno perfino “altri cristi e altri profeti” che verranno a prendere il suo posto con l’inganno, pur essendo essi consapevoli che “uno solo è il Cristo” e per Lui bisognerà perseverare nella fedeltà.
Gli avvenimenti che stanno accadendo possono ben esprimersi con una similitudine: il fico, che d’inverno perde le sue foglie, poi in primavera mette i primi germogli, questi cresceranno e quando verrà l’estate, porteranno i suoi frutti.
Questa situazione è sempre vicina allora come oggi. Il tempo a disposizione è sempre breve per operare il bene e se ci distraiamo, quando lui arriverà, sarà all’improvviso davvero come un ladro nella notte.
Ora, anche scientificamente è vero che il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore (l’energia solare infatti anche se impercettibilmente ma inevitabilmente, si consumerà giorno per giorno, anno per anno, fino ad esaurirsi; allora sarà la fine.)
Ma quello che a noi preme come credenti non è la fine delle cose ma il fine della nostra esistenza cioè Cristo che verrà per noi.
Facciamo ora delle considerazioni che riguardano la nostra vita spirituale:
- Come c’è dalla nascita l’inevitabilità della morte così dal Battesimo, da cristiani, ognuno di noi è proiettato verso le ultime realtà, quando Cristo, che già è venuto, verrà incontro a noi a prenderci per completare il nostro cammino di pellegrini dalla terra al cielo. È troppa la disattenzione, se non addirittura la dimenticanza o, Dio non voglia, il rifiuto di queste ultime realtà che ci conducono a Gesù. Se fosse così, avremmo tradito in pieno il messaggio cristiano, la cui essenza è l’incontro definitivo con Cristo.
- Questo itinerario è personale, sociale, cosmico. Quando San Paolo afferma che la condizione odierna è come quella di una partoriente che geme per le doglie del parto (Rm 8,12-22) quest’attesa riguarda la persona innanzitutto, ma anche la comunità in cui viviamo e l’universo materiale in cui siamo immersi. Gesù non ha salvato solo l’uomo – tutto intero – ma tutto gli uomini e anche il mondo dove viviamo che ha bisogno di un’umanizzazione, pena il restare in relazione con esso in modo arido, amorfo, freddo, egoistico indifferente.
- Ricordiamo cosa si dice nella Lettera a Diogneto? (6) “ciò che l’anima è nel corpo, questo devono essere i cristiani nel mondo”. E tutto questo esige che durante il “pellegrinaggio” non siamo distratti dalle cose insignificanti pur se seducenti, ma siamo attratti da quelle che danno una vera importanza alla nostra esistenza: e Cristo è l’essenziale.
È naturale che per diventare protagonisti là dove viviamo bisogna assolvere in pieno il nostro compito sulla terra: “fiorisci dove sei”. E allora si porteranno frutti abbondanti.
L’attesa dell’aldilà, ha, deve avere, i piedi ben piantati per terra, altrimenti saremmo come le case costruite sulla sabbia soggette ad uno sgretolamento repentino.
- Non credo che in questo contesto le forti affermazioni di Gesù devono essere sminuite o addirittura disattese “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Tutte le cose umane e cosmiche sono dunque effimere, passeggere, inconsistenti. Cosa da solidità a ciò che dice Gesù? È che le sue parole sono eterne, non hanno valore ora e non dopo, ma sempre perché Lui è Dio.
Anche le tribolazioni di cui si è parlato verranno, ma anche il figlio dell’uomo certamente verrà e le dissiperà in un istante.
Riprendiamo l’immagine del fico: dallo spuntare del primo germoglio, quando il ramo, gonfio di linfa, farà apparire le prime foglie, si può dire che inevitabilmente l’estate è vicina: come è vicino la nascita e la crescita del frutto così è vicino il ritorno di Gesù. La costatazione del processo che si vede ne fico, è lo stesso di ciò che vediamo in certi avvenimenti, quando accadono: Gesù sta per venire, di sicuro.
- Che l’avvento di Gesù non riguardi soltanto i tempi futuri e lontani, ma tutti i tempi, compresi i vicini, i nostri è dato dalla frase: “non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute” (versetto 30). Cioè proprio perché nessuno conosce l’ora…neppure il figlio, tutto quel che si è visto e detto riguarda anche la generazione presente riguarda me e noi e riguarda ora: non si può più attendere. E se ognuno di noi in questa generazione è alla sequela di Gesù, nello stesso tempo sta purificando il suo cuore per l’incontro definitivo con Lui, quando “ci saranno nuovi cieli e una nuova Terra”.
- Se queste sono le conclusioni del cammino della stessa storia, allora dobbiamo dire che nessuna fatica umana è inutile, perché è un continuo avvicinarsi là dove Lui ci attende. E tutto ha un senso: anche le sconfitte hanno un loro valore, anche il male perché trova in Gesù la possibilità del riscatto: Gesù è la speranza per l’uomo perché è la realtà compiuta di tante attese davvero, come dice Bernanos “tutto è grazia”.
Questo comporta soprattutto nei momenti difficili, l’ottimismo della vita: dopo il buio c’è l’attesa e arriva la luce; dopo ogni caduta c’è una resurrezione, dopo ogni sconfitta c’è una vittoria. Ed ognuno di noi, in quanto cristiano, deve essere orgoglioso di partecipare, da protagonista a questa bella avventura umana e divina.