XXXI Domenica del T.O.
Meditazione sul Vangelo della domenica a cura di Don Franco Proietto, padre spirituale
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 19,1-10)
1 Entrato in Gerico, attraversava la città. 2 Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. 5 Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6 In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È andato ad alloggiare da un peccatore!». 8 Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9 Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; 10 il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Il pubblicano che desiderava vedere Gesù
Ci troviamo, come domenica passata, davanti ad un altro pubblicano, anzi ad un capo di essi e per di più ricco.
Come sappiamo, erano odiati per un duplice motivo:
- erano disonesti a prescindere, perché costringevano la gente a pagare più del dovuto per ricavare un profitto più consistente;
- erano a servizio dei Romani, stranieri e pagani.
La gente “perbene” non aveva né voleva avere alcun rapporto con loro perché si contagiavano nel peccato. Diverso è il pensiero e il comportamento di Gesù, il quale in ogni uomo, compreso il peccatore incallito, vede le risorse interiori idonee per cambiare vita. È questo che manca a noi: la fiducia nel peccatore. Anche in lui si può avere fiducia, perché può convertirsi.
Zaccheo non era solo capo dei pubblicani e ricco, ma era anche basso di statura. Possiamo anzi dire da come si presenta, che era anche “basso”, povero di valori morali e, crediamo, anche religiosi. Era però incuriosito e desideroso di vedere Gesù. E non trova altro modo che, perdendo la sua dignità, salire su un sicomoro da dove vedere il Maestro.
L’albero, se avesse potuto parlare, avrebbe potuto vantarsi di essere stato trampolino di lancio per Zaccheo in modo che da lì vedesse facilmente Gesù che passava.
Per capire come sia stata forte in questo pubblicano la spinta a vedere Gesù, comprendiamo che ha perso anche la sua stessa dignità di persona rispettabile quando è salito sul sicomoro.
Gesù alza gli occhi e dice: “Zaccheo scendi subito perché oggi devo fermarmi a casa tua.”
Zaccheo ha una certa inquietudine interiore che viene soddisfatta al di là di ogni più rosea aspettativa. Voleva forse dire qualcosa a Gesù, si era forse anche preparato il discorso, ma è
stato anticipato nettamente. Basta fare il primo passo verso Gesù e poi lui dà, al di là di ogni attesa.
Gesù entra nella cuore di Zaccheo
Ricordiamo i passi che fa l’Innominato quando incuriosito va verso il Cardinal Federico: “Cos’ha quell’uomo per rendere tanta gente allegra? Oh: se avesse per me le parole che possono consolar… Se… Perché non vado anch’io? Perché no? Andrò, andrò e gli voglio parlare…”
Quel Gesù che lui cercava di nascosto, si presenta apertamente e lo chiama davanti alla folla stupita.
È chiamato per nome, lui, il peccatore, da Gesù, il giusto.
Ricordiamo in questo contesto la nostra chiamata. Il nome è la personalità. Ha chiamato me, te, tutti noi: uno per uno, non una folla anonima, ma singolarmente, con un amore particolare, amandoci fino alla morte.
Non manca anche qui più che il brusio della gente, la sua mormorazione. “Ma lo sa questo che lui è un peccatore? Sa i furti che ha commesso? Sa quanta gente ha fatto piangere gettandola nel lastrico?”
C’è sempre qualcuno che non è contento della felicità altrui: cristiani che si giustificano dietro l’osservanza della Legge!
Ma chi è costui che va ad alloggiare nella casa di un peccatore? Chi gli dà tanta autorità?
Gesù scruta il cuore, non la Legge; e a colui che desiderava vederlo, dà addirittura l’opportunità di mangiare insieme, nella propria casa per di più.
È Gesù che si invita per andare a casa di Zaccheo; non è lui che lo invita. Però è contento.
Oggi per questa casa è venuta la salvezza
Ma sono i fatti che contano. La risposta di Zaccheo a Gesù è concreta:
- io do la metà dei miei beni ai poveri;
- se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto.
Non è un semplice atto di generosità quel che compie Zaccheo, ma è un cambiamento radicale il suo.
Incontra Gesù e si converte; pensa e agisce in modo completamente diverso da come pensava e agiva prima.
Zaccheo è un uomo nuovo: incontrando Gesù si è sentito amato da lui.
Gesù gli vuole bene e lui ricambia il suo amore con il proprio amore perché “amor con amor si paga” (Petrarca).
Di fronte alle parole e ai gesti generosi di Zaccheo, Gesù afferma: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa”. Da ricco di denaro e da povero nel cuore, Zaccheo è divenuto più povero nei suoi averi, ma più ricco di spirito: è divenuto seguace di Gesù dimostrandolo immediatamente sul posto, nello spogliamento dei suoi beni.
Perché sa che il denaro, peggio l’avidità e l’attaccamento alle cose, non lo rendono felice.
Lui dà i suoi beni e Gesù gli dona la salvezza: e questa gli viene donata quando si è svuotato delle cose.
Prima nel suo cuore non poteva albergare la fede e l’amore perché quel cuore era pre-occupato di interessi egoistici e materiali; ora che si è svuotato, viene riempito dalla grazia di Dio. D’altronde le radici lontane – “Anch’egli è figlio di Abramo” – gli danno la possibilità di portare tali risultati, frutti di opere buone.
L’ospitalità di Gesù, che doveva essere temporanea e occasionale, diventa definitiva e duratura: è una vera e propria scelta di vita. Quel primo passo fatto dal Signore, quell’atto di affetto in cui si mostra interessato di questo “ricercatore di sé stesso e di Dio”, riceve una risposta esistenziale di scelta perenne delle vie di Dio.
La salvezza di ciò che è perduto!
La frase che conclude l’episodio è un vero e proprio programma di vita di Gesù (come dovrebbe esserlo di ogni suo discepolo): “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto”.
È, in sintesi, questa la missione di Gesù: Egli si interessa in primis della gente perduta, disprezzata, emarginata “scartata” (come la chiama Papa Francesco).
Anche nel Vangelo di Matteo c’è questa forte affermazione: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,13).
Gesù era continuamente in movimento, non stava mai fermo, andava per città e villaggi a predicare e sanare tutte le malattie, ad incontrare le persone soprattutto i più bisognosi, per portare loro la Salvezza di Dio, la sua Salvezza.
Ne Le pseudo-Clementine si afferma che Zaccheo, in seguito a questa conversione, sarebbe stato collaboratore di San Pietro e in seguito vescovo di Cesarea. Se fosse così, si capirebbe come sappia operare la grazia di Dio che fa di ogni peccatore un giusto. Certamente però – il Vangelo ne è testimone – ha risposto a Gesù che lo ha cercato, amato, trovato come fa per ogni “pecorella smarrita”.
A volte è quasi istintivo identificarci in qualche personaggio dei Vangeli, per ripeterne le gesta o per detestarlo se ha commesso il male. Ognuno di noi può avere certamente come riferimento Gesù, o si trova là, in mezzo alla folla, a giudicare oppure a scandalizzarsi: o in Matteo prima peccatore e poi giusto, o, infine, nel sicomoro piantato lì per portare qualche frutto o per fare un po’ di ombra ai viaggiatori stanchi.
Non può parlare, ma se potesse, direbbe che nessuno nella vita è lì per caso, ma che ognuno è “occasione di Dio”: basta attendere il momento opportuno.
Se non riusciamo ad essere Zaccheo, prima peccatore e poi giusto, impegniamoci ad essere un sicomoro: un albero alto che accolga le tante bassezze dell’umanità e dia a chi vi sale la possibilità di vedere Gesù dopo una lunga ricerca: e non è poco.