V Domenica di Quaresima|B|21-03-2021
“Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore -, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.” (Ger 31,31-33)
Il patto del Sinai sembrava ed era un patto di amore così saldo che nessuno dei contraenti avrebbe potuto tradire; o almeno non lo avrebbe tradito Dio.
Come mai proprio il signore attraverso Geremia parla di una nuova Alleanza? Perché il popolo ha frantumato la prima, non è stato fedele e la legge scritta sulla pietra non era più sufficiente.
Voi sapete, credo, che i prodotti pubblicitari per fare breccia sulle persone, come dicono le statistiche, usano l’aggettivo “nuovo/a”: il più abusato tra tutti gli aggettivi pubblicitari, fateci caso.
Basta cambiare un pezzo, dare una nuova lucidatura al prodotto, che questo si rende fruibile e appetibile!
È così anche per questa Alleanza chiamata da Gesù stesso “nuova” (Lc 22,19-29) e riproposta come tale da San Paolo (2Cor 3,3-6) e riconfermata dalla lettera agli Ebrei (8,8-12)? Non pare. Quella antica era basata sulla Legge, questa dentro il cuore, nell’intimo dell’uomo non è, un rattoppo, ma una novità. Una novità totale. Perché il cuore è il centro della nuova Alleanza. E il cuore esige un’adesione consapevole, affettiva, esistenziale, gratuita, libera, e, quando occorre, sacrificale. Il cuore è il luogo delle scelte in cui uno paga di persona la propria adesione a Dio e la conoscenza di Dio implica il coinvolgimento di tutta la vita: volontà, affetto, intelligenza, fatti reali.
Il Signore ci ama – la linea è quella tracciata da Gesù donando la sua vita – si mette in evidenza l’effusione del sangue, ritenuto sede della vita, e sigillandola con parole compromettenti: “Io sarò il loro Dio e loro saranno il mio popolo”.
Ora, a posteriori, noi sappiamo cosa volesse dire allora il Profeta Geremia, che cioè la radice delle azioni è il cuore, come ce l’ha modellato Gesù, da quando ci ha resi figlio, non più schiavi. La Legge era scolpita su pietra, la nuova alleanza invece su un cuore di carne. Ma anche le relazioni personali cambiano, la conoscenza di Dio è riconoscimento e vicinanza tale che si può arrivare alla familiarità. Dio si manifesterà in uno degli aspetti, che è per così dire un suo stile di vita: il perdono. Quando Dio perdona, ne riconosceranno la sua identità vera, chi veramente Lui sia. Un perdono totale, senza riserve, è il primo atto della riconciliazione con Lui, espressione del suo amore. Questa è davvero un’amnistia (= non ricordo) dei peccati degli uomini. Non è male, finendo queste considerazioni, ricordarci che queste espressioni sono dell’Antica Alleanza, di cui quasi sempre si mette in evidenza la natura di Dio come giusto, severo, se non addirittura vendicativo.
20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua, … 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». (Gv 12,20-26a.32)
Vorrei iniziare con un ricordo personale questa riflessione su Giovanni. Dopo una visita al palazzo di Urbino, una mia nipotina di 5/6 anni, mi si è avvicinata dicendo: “zio vorrei vedere Gesù”.
Credevo che intendesse uno di quei quadri che mostravano il volto di Gesù. E le ho risposto: “ma l’abbiamo visto poco fa nei quadri!”. “ma no”, ha detto “Gesù come me, di carne, così divento sua amica”. L’esigenza di quella Bambina nella sua innocenza, mi fa pensare quanto noi grandi avremmo bisogno di “vedere Gesù”, di fare esperienza di Lui, di incontrarlo con il nostro entusiasmo, di vivere la fede, di “vederlo” a fianco come compagno di viaggio, di sentirlo dentro il nostro cuore. E poi ai “Greci” (vorrebbe dire “ai Pagani”) ai tanti che si sono dimenticati di Lui, che si sono allontanati, ai delusi, agli “sbattezzati”, ai “lontani” (ma che implicitamente o esplicitamente hanno desiderio di Gesù) si deve manifestare, nella nostra vita, la vita di Gesù. Aldilà della salute, del benessere, del confort, del denaro, del divertimento, del “mutevole” (Sant’Agostino) dobbiamo far capire, se è vero che “l’essenziale è invisibile agli occhi”, che abbiamo bisogno di Gesù. Da parte nostra dobbiamo allenarci a riconoscerlo negli ultimi, nei poveri, nei vinti (Verga), negli umili (Manzoni), che Lui è la là e ci aspetta, come lo è nell’Eucaristia, come lo è nella Parola. (digressione: se dovessi “fondare” oggi una comunità Parrocchiale…).
E nello stesso tempo l’impegno a vivere come Lui, come se, perdendosi il Vangelo, la nostra persona fosse il Vangelo vivente, la trasparenza della sua stessa vita: noi siamo il quinto Vangelo che la gente continua a trovare. Una cosa è certa: la gente vuol vedere Gesù; se non lo incontra, qualcuno non gliel’ha mostrato. E attraverso persone che credono in Cristo, si fanno l’idea della natura e dell’insegnamento e della stessa vita di Cristo. Come possono avere la nostalgia di Dio se, coloro che dovrebbero insegnarlo con l’esistenza propria stanno dormendo un sonno di indifferenza? Senza voler fare lo psicologo: a me sembra che oggi riguardo alla persona di Gesù stia accadendo ciò che Freud chiama il rimorso per l’uccisione del padre e il desiderio di rivederlo. Anche noi abbiamo ucciso Gesù, perché ci lasciasse in pace nella nostra coscienza. Ma Lui ci parla: più da morto che da vivo. Non possiamo non ascoltarlo: lo faremo morire di nuovo nell’assenza. Dopo averlo ucciso, perché non ci infastidisca, ne sentiamo il bisogno e gridiamo a Lui perché ritorni di nuovo. E purtroppo, molto spesso, non c’è nessuno ad insegnare la strada. Quando Nietzsche rimproverava i cristiani per la loro assenza, diceva tra l’altro: “c’è stato un solo
cristiano, ma è morto in croce”, voleva dire che non ce n’è un altro come Lui a proseguire la vita e gli insegnamenti. Nemmeno noi?
La richiesta di vedere Gesù è stata fatta a Filippo; poi questi va da Andrea e tutte e due vanno da Gesù. E quando anche i pagani chiedono di vederlo, Gesù sa che è giunta la sua “ora”: è l’evento centrale e decisivo della sua vita. La sua ora gli turba l’anima perché è piena di angoscia, dolore, fallimento umano. Ci potrebbe essere la tentazione di evitarla, ma non può, non vuole, perché proprio quest’ ”Ora” , questo è il momento in cui svelerà la sua vera identità. Gesù sembra aver paura di quest’ora ma la supera perché da quest’ “ora” c’è una svolta storica dell’umanità. E lo fa con la simbologia del seme, paragone della sua vita. Il seme di frumento è poca cosa nel mondo, ma caduto in terra, proprio quando marcisce e muore, e sembra inutile a sé stesso, mostra la sua forza esplosiva: diventa spiga, con tanti chicchi di grano. Se non morisse, se si conservasse per non morire, non servirebbe a nessuno. Così è Gesù: nell’annichilimento della sua vita (exinanivit, echenosen: annientò) ha portato infiniti frutti per l’umanità. Comunicando la sua vita all’umanità, non è restato “solo”, cioè proprio donando sé stesso agli altri s’è reso loro fratello, fecondo, utile. Quando Lui è morto, la sua vita è stata un seme per una nuova umanità: non le ha intralciato il cammino. Mi sembra di poter vedere in questo discorso di Gesù un legame tra tutto ciò che ha fatto nella sua vita terrena fino ad oggi e la consapevolezza di stare a passare il guado, di andare al di là del ponte per arrivare là dove lo attende la Croce. Stiamo nell’imminenza di un evento che sta diventando realtà ed è la ragione della sua venuta sulla terra: morire per gli uomini, in un abbandono totale alla volontà del Padre. Infondo ogni cosa nasce e cresce per morire, la vita di ogni uomo è così; anche la sua vita è così. La paura accompagna l’imminenza della morte (la mia anima è turbata), ma ha la consapevolezza che tutta intera sarà presente nella vita di coloro che vivranno per Lui e daranno significato alla propria esistenza come ha fatto Lui. Non è tanto il tempo della vita che conta, ma il significato che abbiamo dato al tempo che Dio ci ha messo a disposizione: lo abbiamo vissuto per noi o per gli altri? Noi stessi prolungheremo la nostra esistenza, quando gli altri vivono dei nostri valori dati in eredità gratuitamente.
Tre brevissime domande:
- La “nuova” Alleanza è quella scritta nel cuore: come la intendi?
- Il desiderio di “vedere” Gesù: come lo realizzi?
- Come vuoi essere chicco di grano macerato per diventare spiga di tanti chicchi vivi nel cuore degli altri?