V Domenica di Quaresima – Anno A
Meditazione sulle letture della Domenica a cura di Don Franco Proietto, padre spirituale
ASCOLTIAMO LA PAROLA…
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 11,1-45)
Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui
La missione di Gesù: prospettiva con cui leggere i segni
Come sappiamo, in Gesù i messaggi del suo Vangelo e i miracoli che Egli compie sono così
connessi che tradiremmo la sua vera identità se togliessimo una delle due componenti. Ci sono
elementi strutturali che non permettono di dubitare di questi fatti, almeno che uno non abbia
pregiudizi tali da negare l’evidenza (per es. Spinoza, Hume, naturalmente Voltaire: secondo
questi, in sintesi, i miracoli altererebbero la legge della natura che Dio stesso ha posto, dunque
andrebbe contro se stesso).
I miracoli sono strettamente legati alla persona di Cristo; diversamente né si capirebbe Lui né la
sua opera salvifica. Oltre alla sua autorevolezza, i fatti vengono vissuti dalla folla, dagli apostoli,
dagli stessi suoi avversari (scribi e farisei), dal miracolato. Ce ne sono almeno una trentina che
sono razionalmente verificabili. L’effetto di ogni miracolo non è solo la guarigione del malato di
turno, ma la sua conversione, perché ormai il miracolo ne diventa una prova: il Regno di Dio è in
mezzo a noi.
Ogni maracolo viene fatto per la guarigione di tutto l’uomo: anima e corpo (in questo contesto
non parliamo dei miracoli che riguardano il mondo e la natura). Gesù è il Sotèr, il Kirios, il Theos
Anthropos, (l’uomo divino), ma non come Socrate, o Apollono di Tiana o Pitagora o lo stesso
Mosè, che hanno queso titolo in quanto “saggi”, ma non sono di natura divina (né gli storici
intendono dire questo). Tra l’altro la descrizione dei loro miracoli (di Apollonio di Tiana si
racconta anche di una resurrezione operata da lui) non sono mai descrizioni di fatti immediati,
ma hanno distanze di decenni e anche di secoli rispetto a ciò che è accaduto da tempo.
Oltre la propria resurresione Gesù ne opera altre tre: quella del figlio della vedova di Nain, quella
della figlia di Giairo e questa di Lazzaro.
Gesù la vita del mondo
Il racconto del cieco nato ci propone Gesù come Luce; questo come Vita.
Cristo è portatore di vita, dà la vita agli uomini. Secondo Giovanni la vita é gia possesso presente,
è liberazione dal Regno della Morte. Questa vita, già attuale, è in Cristo, perché Egli è la vita in
mezzo a noi, così come lo è la Parola e la luce. La morte è solo un sonno profondo, triste e
doloroso che porta al pianto (sonno che si identifica con la morte), ma Gesù riesce a scuotere da
questo “sonno” colui che vi è piombato dentro. D’altra parte anche lui si commuove e piange,
mostrando una profonda tenerezza di cuore, perché Lazzaro è un suo caro amico: «il nostro amico
Lazzaro si è addormentato» dice Gesù prma di farlo risorgere.
L’amicizia di Gesù con Lazzaro
Potremmo chiederci se questa profonda tenerezza di cuore, questa intensa amicizia, sia stata una
ragione in più per mantenerlo all’ affetto suo, di Gesù, e delle sue sorelle – di Lazzaro – qui in
terra, oppure considerando i beni del Cielo sia stato fatto “nonostante” questa posibilità di vita
eterna, e Gesù abbia ritenuto opportuno attendere tempi migliori, dopo la sua resurrezione per
ricongiungersi nell’al di là, insieme tra di loro e con Marta e Maria.
Trattenerlo qui sulla terra, per rinnovarne le gioie, ma anche le sofferenze uumane, è stato
certamente un modo per essere ancora utile nell’al di qua, per guadagnarsi con merito il premio
eterno nell’al di là, e soprattutto un modo per testimoniare che Gesù è davvero Figlio di Dio,
Signore della vita e della morte.
Certamente avrebbe vissuto più drammaticamente la sua vita terrena costatando il fatto che questo
miracolo é il punto culminante delle ostilità giudaiche nei confronti di Gesù: per questo si
riunirono per ucciderlo (cfr. Gv 11,53); anzi «i sommi sacerdoti deliberarono di uccidere anche
Lazzaro» (Gv 12,10).
Vita oltre la morte
Ed ora è tempo di superare alcune considerazioni della ragione, pure necessarie, e dirigersi verso
quelle del cuore, utili per una crescita spirituale e operare con propositi pratici.
È utile, prima di pensare alla risurrezione, capire il significato della morte, come inevitabilità
della fine di un percorso terreno. Ma dobbiamo essere convinti che il Signore non vuole la morte
del peccatore, ma che si converta e viva. Dio non è d’accordo con la morte. E Gesù è esplicito
quando, dal fatto della resurrezione di Lazzaro, fa un’affermazione vera e profonda: «Io sono la
resurrezione e la vita», che si ricollega a quanto si afferma nella prima lettura:
«Io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalla vostre tombe» (Ez 37,12). Questa sicurezza, questa
garanzia data da un orientamento perenne verso l’eternità, non ci deve distogliere l’attenzione dal
tempo presente, che è il solo che possiamo vivere e che dipende da noi valorizzare o sbiadire di
significato.
Riflessioni esistenziali sulla morte e la resurrezione
Ascoltiamo quanto dice A. Camus, che ha sempre operato una profonda frattura tra la vita
presente e quella futura, inconsistente, scegliendo la prima che, secondo lui, dava, pur nella
brevità dell’esistenza, sicurezza e concretezza. “Se c’è un peccato contro la vita, questo consiste
non tanto nel disperare della vita, quanto nello sperare in un’altra vita e sottrarsi all’implacabile
grandezza di questa vita”.
Per un certo verso, ha ragione: non possiamo sognare l’al di là, se, stando nell’al di qua, non ne
viviamo la bella avventura umana. Ma un cristiano non è così, non può essere così: credere in
un’altra vita, non solo non ci dà alcun diritto di “sottrarci all’implacabile grandezza di questa vita”,
ma con la ricchezza che ci dà la consapevolezza della vita futura, seminiamo di realtà eterne la
vita terrena, che diversamente resterebbe piatta e sbiadita.
Se accade che un cristiano immiserisce la bellezza della vita terrena, tradisce il suo mandato di
costruire un mondo migliore di quello che ha trovato quando è venuto sulla terra.
Il problema, purtroppo, per tanti è che non si vive la vita, ma si è vissuti dalla vita, perché ci
troviamo là senza saperne il perché.
Diceva Oscar Wilde, che quasi sempre “ci coglieva”: «vivere è la cosa più sana al mondo. La
maggior parte delle persone esiste: tutto qui».
È vero, firmo anche io questa affermazione. Spesso tanti giovani bruciano la vita per farne un
falò che incenerisce in un istante. Alcol, droga, sfide con prove che portano alla morte, noia, che
porta alla violenza, insignificanza delle azioni fanno sì che si muoia già prima di morire di fatto,
e quando arriva la morte, quella vera, non è altro che l’inevitabile fine di un’esistenza iniziata per
sbaglio e finita in tragedia.
Il significato conta più del tempo messo a disposizione. E i valori di una vita, in cui Dio entra a
pieno titolo dentro il cuore dell’uomo, arricchiscono le ore e i tempi dell’esistenza e perennemente
ci svegliano dall’assopimento e dal sonno.
Il problema è di essere certi di vivere da figli di un Dio risorto, non di un Dio ancora cadavere.
E questa impostazione di vita non ci riguarda una tantum, ma sempre e così davvero viviamo
ogni ora, quasi ogni minuto, come se fosse l’ultimo e il più bello della nostra vita.
Gli insegnamenti che ci lascia questo Vangelo
L’amicizia di Gesù con Marta, Maria e Lazzaro. Non si può vivere senza affetto e tenerezza: non
togliamo niente al Signore se li coltiviamo con purezza di cuore; diversamente induriamo i nostri
atteggiamenti e diventiamo “preti orsi”.
“Le amicizie spirituali” (cf. Aelredo) sono utili e positive ma purché siano davvero “spirituali”.
• Gesù aspetta che l’amico muoia proprio perché Lui sa che la sua resurrezione dimostra che
il Regno di Dio è davvero in mezzo agli uomini.
• La morte come “sonno”; la vita come risveglio.
• Marta, che va incontro a Gesù e dichiara che se il Signore fosse stato lì, con loro, il fratello
Lazzaro non sarebbe morto: è certa che Lui è il Cristo.
• Gesù promette che suo fratello risorgerà, e non alla futura resurrezione dei morti, ma ora.
• Gesù piange. Aveva pianto anche per la futura distruzione di Gerusalemme (amore verso
gli amici, amore verso la sua patria perché i profeti muoiono a Gerusalemme.) Nelle altre
due resurrezioni (Nain e la figlia di Giairo) sembrava più distaccato; qui è totalmente
implicato: muore un amico fraterno.
• Gesù prega il Padre perchè nell’ascolto della sua preghiera la gente cred ache Lui è
davvero Figlio di Dio, tanto è vero che, compiuto il miracolo, molti Giudei credettero in
Lui.
• “Togliete la pietra”: quale pietra c’è tra noi e Gesù perché sia tolta e “lo vediamo” qui in
terra faccia a faccia?
• “Lazzaro vieni fuori”: ritorna qui in mezzo a noi, alla vita di sempre: dura e a volte
drammatica, ma vale la pena viverla.
• “Slegatelo e lasciatelo andare”: i vincoli della morte vengono vinti. L’anima (la vita vera)
secondo l’immagine di Platone si è liberata dal “sema” dalla prigione, che era il “soma”
(il corpo)
• Molti credettero in Lui: Gesù non fa i miracoli perché è un Mago (perfino il Talmud di
Gerusalemme in seguito lo accuserà di questo) ma perché è il Figlio di Dio ed ora gli
uomini possono vedere i segni che dimostrano questa sua identità.
• Il Sinedrio si raduna per ucciderlo: è meglio che muoia uno piuttosto che tutto il popolo:
l’interesse “politico vince sulla verità. E accadra come avevano deliberato. Ma quando,
dopo morto, anche Lui risorgerà, agiterà i sogni dei Giudei più di quanto abbia fatto in
vita. Non lo avrebbero fatto, se avessero saputo che tutti lo avrebbero riconosciuto Figlio
di Dio, risorto dai morti. E noi ci gloriamo di essere suoi seguaci.