UNA CHIESA IN USCITA
Fin dalla sua origine la Chiesa, sospinta dallo Spirito Santo (At 2,4-11), si presenta come una realtà in uscita, ovvero chiamata non solo ad uscire fisicamente, ma ad esporsi come luce delle nazioni (cfr. Is 49,5-6; 55,1-5; Lc 2,25-35; At 13,47). Questa premessa chiede certamente un’esplicitazione, se desideriamo comprendere nella sua genuinità il messaggio di papa Francesco e se vogliamo cogliere il bisogno di formare le nuove generazioni di sacerdoti e laici, in vista del profondo mutamento che sta attraversando la nostra società.
Il libro degli Atti degli Apostoli ci aiuta a comprendere come il cammino storico ed umano degli Apostoli e della comunità – che man mano cresce attorno a loro – sia al tempo stesso personale e comunitario (cfr. At 10,34-35), configurandosi come una lenta e graduale consapevolezza della missione personale e dell’intera comunità. La complessità dei piani d’intersezione, personali, vocazionali, sociali, politici, comunitari, religiosi, etc., ci fanno intuire quello che possiamo definire un movimento magmatico di attese e di paure, di spinte e di ritensioni, che sicuramente hanno abitato il cuore e la vita dei protagonisti di allora. Non molto diversa è la nostra situazione oggi. Siamo una Chiesa che esce da un movimento iniziato nella seconda metà del Novecento e che via via si è venuto a trovare in un vortice di mutamenti economici, sociali, politici e che ha dovuto far fronte ad una pandemia che ha segnato la salute fisica e il complesso mondo degli affetti e delle relazioni e che, ancor più, ha segnato a livello mondiale, il passo della Chiesa e della società. Nel frattempo, la Comunità Cristiana ha dovuto fronteggiare gli scandali morali legati soprattutto ai sacerdoti, ai consacrati e alle consacrate, ai collaboratori degli ambienti pastorali (cfr. F. Sahayadas, «Vocazione all’amore: Sinodo dei Vescovi sulla sessualità dei giovani», in Giovani, vocazione e sinodalità missionaria. La pastorale giovanile nel percorso sinodale, LAS, Roma 2019). Non di meno, il progresso della scienza (LS 141), con le ricadute sulla vita e sulla tutela dell’ambiente, la sempre maggiore invadenza della tecnologia multimediale e dell’intelligenza artificiale, si sono aggiunti alla poliedrica complessità (EG 234-237; LS 16) delle situazioni sin qui delineate, fino a rendere questi temi non ulteriormente trascurabili dal momento che alterano la percezione della realtà e demitizzano il mondo del sacro, banalizzando la fede e generando «alternative forme di religiosità» (cfr. R. Bichi – P. Bignardi, Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, Vita e Pensiero, Milano 2015; Fr. Garelli, Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio, Il Mulino, Bologna 2020; S. Currò, Il senso umano del credere. Pastorale dei giovani e sfida antropologica, Elledici, Leumann (TO) 2011; M. Segallen, Riti e rituali contemporanei, Il Mulino, Bologna 2002).
La Chiesa di oggi sente il profondo bisogno di ritrovare l’entusiasmo delle origini che la spinga ad accogliere le sfide del nostro tempo senza indugi o paure. La società occidentale pone la Chiesa di fronte alle fragilità degli adulti, che avendo centrato sul benessere il quadro dei valori di riferimento, tendono a non assumersi le proprie responsabilità (cfr. G. Cucci, La crisi dell’adulto. La sindrome di Peter Pan, Cittadella Editrice, Assisi 2012; M. Recalcati, Cosa resta del padre. La paternità nell’epoca ipermoderna, Milano, Cortina 2011), a non indicare punti di riferimento per la crescita delle nuove generazioni ispirando sogni e sviluppo (Ern. Diaco, L’educazione secondo papa Francesco, EDB, Bologna 2018), fino ad ignorare la condizione giovanile arrivando a negare il bisogno di dare continuità alla vita (cfr. Istat, Report 26/10/2023, Natalità e fecondità della popolazione residente. Anno 2022). È una Chiesa che ha bisogno di sentirsi riaffidare il mandato di annunciare il Vangelo senza distinzioni (Mt 10,5-8; 28,16-20; Mc 16,15-20; 1Cor 11,23-29), a partire dalla fragilità delle persone e sentendo di poter contare sulla santità donata da Cristo nella misericordia e nel perdono manifestato con la sua passione e la sua croce. È una Chiesa che ha bisogno di ritrovare la sua generatività originaria: nell’intimità di una famiglia, nella costante preghiera, nel servizio alla vita, nel dialogo con Dio attraverso gli atti di culto e pietà popolare, al tempo stesso cercandolo nei volti delle persone, lungo le strade del lavoro, della malattia, delle vicende sociali, delle piccole gioie e dei grandi riscatti. Il Vangelo è pieno di rimandi che ci mostrano la Chiesa in uscita, per cui in quanto credenti, abbiamo il compito di trovare e suscitare il coraggio di leggere la storia della Chiesa in questa direzione. Ci ricorda papa Francesco che «Evangelizzare è rendere presente nel mondo il Regno di Dio» (EG 176). Dunque, la Chiesa non può omologarsi alle tendenze del mondo, semplificando o riducendo l’annuncio evangelico svilendone la forza. Sta alla creatività dei battezzati, trovare le forme e linguaggi adatti alla trasmissione del Vangelo per l’immensa varietà odierna della geografia sociopolitica e culturale. L’uomo tenderà sempre a cambiare, ad aggregarsi in nuove forme, a sperimentare nuove convivenze. Per questo è compito dei credenti fare in modo che la luce del Vangelo trovi spazio in questi nuovi assetti e doni ai soggetti e alle forme di espressione umana una valida ragione per riconoscere in Cristo il modello dell’umanità compiuta.
Al numero 52 del Compendio alla Dottrina sociale della Chiesa leggiamo «Dio in Cristo non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini». A questa affermazione fa eco papa Francesco che in Evangelii Gaudium evidenza: «Dal cuore del Vangelo riconosciamo l’intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana, che deve necessariamente esprimersi e svilupparsi in tutta l’azione evangelizzatrice […] [in quanto] nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri» (177).
Potremmo qui parlare di molte forme d’impegno e lodevoli iniziative attuate. Tuttavia, ci sta a cuore in modo speciale la formazione dei futuri pastori, che con il loro impegno quotidiano daranno anima, in riflessioni, attenzioni e sguardi a partire dai quali progetteranno e metteranno in atto l’azione pastorale, non già come disincarnati eroi solitari, ma assumendosi l’onere di darvi corpo nell’espressione del sacerdozio battesimale, il quale tutti coinvolge in egual misura, pur conservando compiti e ministeri distinti. La sfida più audace sarà proprio quella di permettere alla gioia dell’annuncio evangelico di giungere a tutti attraverso tutti. Ciò permetterà alla Chiesa di essere vista come la casa sicura in cui ritrovare un luogo di sosta nel faticoso cammino verso il compimento ultimo della storia.
Don Antonio Scigliuzzo