Profeti di speranza, edificatori delle promesse (Ger 33,14-16)
di don Fabrizio Meloni, diacono e seminarista del VI anno
Queste poche righe che la liturgia della prima Domenica di Avvento ci regala si presentano cariche di luce, dense di speranza che restituisce vigore e vita a coloro che ascoltano. Possiamo immaginare e rivivere nella memoria liturgica la condizione di frustrazione di coloro a cui la parola è rivolta. Nel 587 a.C. la Città Santa viene espugnata ad opera di Nabucodonosor, la dimora dell’Altissimo, il Tempio Santo dove Dio dimorava in mezzo al suo popolo, profanata e ridotta in macerie, la classe dirigente, assieme ai sacerdoti, deportata in Babilonia, e l’intera regione ridotta alla desolazione. In questo panorama di distruzione, lo sguardo del profeta Geremia, rimasto in Patria, è capace di vedere fiducioso la possibilità di una rinascita, fondata sulle promesse di Dio. In questa catastrofe c’è un’occasione di novità. Geremia scorge l’opportunità offerta dal Signore di ritornare a Lui nella giustizia e nella pace.
Queste promesse antiche giungono a noi in tutta la loro novità.Il panorama storico-culturale che stiamo vivendo non sembra lontano dalla condizione degli abitanti della Gerusalemme devastata. Assistiamo alla progressiva disfatta del “Tempio” con atteggiamento di rassegnazione, talvolta con effimera indignazione. Viviamo la nostra contemporaneità saturi di profezie di sventura, di cui spesso anche noi ci facciamo portatori, continuamente con gli occhi rivolti ad un passato idilliaco o in attesa di un futuro sequestrato nel nostro idealismo, con una domanda che accompagna la nostra poca fede: “Quando verranno, Signore, questi giorni? Quando potremo vedere una nuova era di pace?”. Ma se in Gesù Cristo abbiamo riconosciuto il “germoglio giusto” promesso a Davide e la realizzazione di queste promesse di bene fatte alla casa di Israele, e quindi a noi che crediamo, subito questa domanda svanisce dietro alle parole del Signore: “Proprio ora faccio una cosa nuova, non ve ne accorgete?” “ Ecco ora il giorno della salvezza!”. In Gesù Signore, dunque, abbiamo già fatto il nostro ingresso nel Regno della salvezza e della giustizia, attraverso la porta del battesimo, nel quale ci è stata data la caparra dello Spirito,che ci abilita, quali figli adottivi, a cooperare alla edificazione della nuova Città della pace (Gerusalemme), qui ed ora, e il sostegno ai lavori di tale edificazione è la speranza, che ci risolleva dalla paura e ci corrobora del fresco vigore dello Spirito, grazie al quale siamo in grado di alzare il capo e contemplare la liberazione vicina, siamo capaci, come Geremia, di oltrepassare con il nostro sguardo le oscure nubi delle profezie di sventura, per contemplare il sole di giustizia, Gesù, il Cristo nostro Signore, che attende con impazienza di poter risplendere pienamente tra i suoi figli.