IV Domenica di Avvento – Anno A
Meditazione sulle letture della domenica a cura di Don Franco Proietto, padre spirituale
ASCOLTIAMO LA PAROLA
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 1,18-24)
18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23 “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele”, che significa “Dio con noi”. 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Una generazione diversa
C’era stata precedentemente la genealogia di Gesù Cristo, (1,1-17) che appare spesso noiosa quando invece dovremmo saper vedere la precisione, la puntigliosità con cui vengono riportati i personaggi: è evidente che San Matteo vuole arrivare a Gesù, il Figlio di Dio che ha però nello stesso tempo carne e sangue umani.
La differenza di tutte le altre generazioni da quella di Gesù è data dai verbi, che sono molto significativi: degli altri si afferma «generò» (in greco ἐγέννησεν), invece per quanto riguarda Gesù si dice «è nato», al passivo (ἐγεννήθη).
Non è un’annotazione di poco conto e si capirà subito perché: Giuseppe non ha generato lui, Gesù, come è stato per tutti gli altri padri; il verbo «è nato» evidenzia che c’è stato qualcosa di diverso nella nascita di Gesù.
Il testo si presenta così: «Giacobbe generò Giuseppe sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo». La nascita di Gesù non è dunque una generazione come tutte le altre.
Dio che viene incontro all’uomo
Le riflessioni che facciamo oggi sul testo seguente (1,18-24) ci fanno evidenziare due realtà:
- la figura di Giuseppe, che non è così scialba come spesso viene presentata. Anzi, il dramma che vive e l’accettazione del fatto nuovo (Gesù opera dello Spirito Santo) gli danno una posizione e una dignità eccezionali. Attraverso lui Gesù si inserisce nella discendenza regale di Davide. Però riconosce anche umilmente qual è oggettivamente il suo limite: Gesù è frutto dell’opera dello Spirito Santo e la sua carne è quella che gli darà Maria. I suoi progetti su questo figlio particolare sono quelli di Dio più che quelli suoi. Riconosce di essere strumento del Signore, non il proprietario del figlio (a dire il vero nessun genitore deve fare della propria prole una proprietà);
- la seconda realtà, molto profonda, ci dice che quanto aveva profetizzato il profeta Isaia si avvererà puntualmente. «Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che sarà chiamato Emmanuele», che significa “Dio-con-noi”. La portata di questa nuova realtà è grande come può essere grande l’incarnazione di Gesù: Dio prende la natura umana attraverso Maria. Vi consiglierei di leggere i dieci Sermoni di san Leone Magno per comprenderne il significato e la profondità. Dio si fa uomo, che a sua volta prende il suo DNA con il Battesimo, si arricchisce della sua divinità, e prende in cambio la povertà della natura umana. Tutto qui!
Si, ma le conseguenze sono infinite: nessuna situazione umana è estranea a Dio, nessuna esperienza gli è preclusa, nessuna povertà, nessun dolore gli sono impraticabili.
La figura di Giuseppe
- Cerchiamo ora di seguire più da vicino perché, nonostante tutto, Giuseppe ha una sua grande importanza: «Prima che andassero a vivere insieme Maria si trovò incinta per opera dello Spirito Santo» (v. 18). Le fasi del matrimonio allora erano tre:
- il fidanzamento;
- un impegno “ufficiale” – fatto anche con una certa solennità – per cui la fidanzata è a tutti gli effetti legali “sposa” del fidanzato, anche se non convivono ancora;
- l’inizio della convivenza matrimoniale.
«Giuseppe era un uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò però di rimandarla in segreto». Questo versetto ci dice tre cose di Giuseppe:
- era un uomo giusto;
- non vuole accusarla pubblicamente;
- pensa di ripudiarla in segreto.
La giustizia di Giuseppe
La “giustizia” nella Bibbia non è intesa in senso… umano: “unicuique suum tribuere (o dare)”, cioè dare a ciascuno il suo; e quindi dare a Dio ciò che è di Dio. Vuol dire invece, come del popolo della promessa, rispettare i patti dell’Alleanza fatti con Israele, solo allora diventato suo popolo (prima, infatti, erano tribù sparse). E cosa diceva Mosè, l’uomo dell’Alleanza, rispetto all’adulterio? Perché di adulterio si tratterrebbe quello di Maria, già «sposa». Secondo Dt 22,20-21 l’adultera doveva essere lapidata a morte.
Il testo ebraico, più comprensibile, direbbe: «Era giusto, e non voleva accusarla pubblicamente, ma (in greco και, che in genere si tradurrebbe con “e”, copulativo, ma qui è “ma”, avversativo, perché anche questo è il significato dell’originale ebraico “waw” che può essere sia copulativo che avversativo) mentre stava considerando (il verbo greco è ἐνθυμηθέντος che vuol dire “elaborare le informazioni riflettendo attentamente, considerare, pensare profondamente”) queste cose, ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.”».
Il sognatore del desiderio
Ma cos’è questo sogno? Nella Bibbia sono presentati dei grandi “sognatori”, tutti uomini fedeli al Signore: Giuseppe d’Egitto, Abramo, Isacco, Giacobbe, Samuele, Natan, Salomone. Più che un sogno freudiano, questa è l’accoglienza di Dio nella vita interiore, che è “soffiata” dallo Spirito.
Chiamandolo «figlio di Davide», l’Angelo del Signore dà a Giuseppe la dignità consapevole di quello che è: discendente di Davide, trait d’union tra la regalità di un tempo e quella di oggi, da cui proviene Gesù, il Messia.
Lo dice anche san Luca: cioè che egli «apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide» (Lc 2,4).
Da lui Gesù riceverà questa discendenza, proprio perché lui, Giuseppe lo ha accolto come tale. Quella che era possibilità per l’appartenenza a questa linea davidica, e in quanto tale, di poter ottenere il previlegio di essere padre del Messia, in lui diventa realtà.
L’Angelo esplicita quello che era implicito, rende ufficiale la sua appartenenza alla famiglia davidica e spiega che per lui è verità, è realtà l’essere padre del Messia. «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”. L’angelo toglie ogni dubbio, se ci fosse stato in Giuseppe, e dice chiaramente che la nascita di Gesù è opera dello Spirito. Non deve temere perché quello che sa e vede in Maria è opera di Dio, non è un adulterio. In questo modo lui viene coinvolto nel piano di Dio, nei suoi progetti. La “considerazione” che faceva era quella di rendersi conto che non solo Maria aveva una missione, ma anche lui aveva la sua: quella di essere “padre” del Messia, cioè accogliere e custodire il Figlio di Dio.
Stando così le cose, è vero che Maria ha dato, tutta intera, lei la sua carne a Gesù, il quale, quindi, rassomigliava tutto alla madre, ma è Giuseppe che gli ha dato la linea regale e ha avuto il compito di proteggerlo e amarlo per davvero, come un padre ama il proprio figlio.
Dio si è fatto come noi
I vv. 17 e 18 ci spalancano davanti agli occhi una stupenda realtà: Dio si è fatto uno di noi. Dio ha una madre che gli dà l’umanità, ha un padre che con l’appartenenza alla sua casa regale lo rende protetto fino a quando compirà la sua missione. Allora lui svolgerà pure un altro ruolo: riconoscerà i suoi limiti e, contento di aver fatto quello che doveva, si metterà da parte.
Gesù si fa uomo: prende dell’uomo i peccati, i limiti, le emarginazioni. Si metterà dalla parte dei perdenti. Porterà novità così grandi che gli uomini futuri le hanno assimilate con la fatica dei secoli: la pace, l’uguaglianza, la libertà interiore, l’amore anche per i nemici, il servizio come stile di comando, il riscatto degli esclusi versando il suo sangue, la stessa vita di Dio.
E dato che anche Lui è figlio dell’uomo, e dato che è l’Emmanuele, “Dio con noi”, saprà dare ai suoi fratelli una dignità «di poco inferiore a quella degli Angeli», rivestendo gli uomini di gloria e d’onore.
Forse l’abbaglio di tante luci e seduzioni “natalizie” improprie ci impediscono di entrare dentro di noi e capire la portata dell’evento.
Ma Lui ci aiuterà a farlo.