Giornata Mondiale dei Poveri 2022
L’avete fatto a me
Meditazione di Padre Gian Paolo Uras, missionario in visita al nostro seminario.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-40)
31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». 37Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». 40E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
Introduzione
In vista della VI giornata mondiale dei Poveri che celebreremo nella prossima domenica condivido con voi questa meditazione sul cap 25 di S Matteo.
Il Papa Francesco sin dall’inizio del suo pontificato ci ha parlato dell’amore ai poveri che ha dimostrato come parte della sua stessa spiritualità con tanti gesti e con tanti discorsi.
Chiediamo il dono dello Spirito per farci toccare e cambiare dalla parola che mediteremo
1.1 Il giudizio finale
- “L’avete fatto a me”
Questa piccola frase di Gesù ha avuto la forza di cambiare radicalmente la vita a tante persone.
Tanti per aver vissuto questa frase sono diventati Santi. Alcuni vengono chiamati, i grandi santi della carità: S. Camillo de Lellis, San Vincenzo de Paoli e ultimamente Santa Madre Teresa di Calcutta. A quest’ultima è bastato sentire una volta la voce interiore di Gesù che le diceva “ho sete” perché la sua esistenza fosse sconvolta e per correre a fianco di ogni assettato della terra per tutta la sua vita.
Abbiamo chiesto il dono dello Spirito Santo proprio per capire con la mente, accogliere con il cuore, aderire con tutto il nostro essere al suo significato più profondo.
Il brano che abbiamo appena ascoltato precede immediatamente il racconto della passione. E’ quindi in relazione a questa come introduzione al momento culmine della vita di Gesù, e allo stesso tempo come la conclusione e la sintesi del suo messaggio.
E’ come se Gesù con queste parole abbia voluto dire ai suoi discepoli ciò che è essenziale, ciò che costituisce il segreto della salvezza, la chiave di comprensione della sua vita e della sua opera redentiva: l’Amore.
Tutti gli uomini appaiono convocati per l’ultimo giudizio davanti al Cristo:
- saranno riunite davanti a lui tutte le genti
E’ un giudizio finale, momento decisivo in cui si tirano le somme di ogni esistenza. Tutti saranno sottoposti a questo giudizio, dal più piccolo al più grande, dal più ricco al più povero, dal più colto al più ignorante…
In esso Cristo è il RE, il giudice universale che rivendica a sé la decisione sul destino eterno degli uomini.
Il primo atto del giudizio sarà quello della “separazione” dei buoni, che saranno chiamati “benedetti dal Padre mio”, dai cattivi, chiamati invece “maledetti”.
Le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
1.2 Il criterio di giudizio
Il criterio con cui il Re giudicherà “tutte le genti” in questo ultimo e definitivo appello della storia sarà il nostro comportamento verso il prossimo. Aver amato o non aver amato, servito, consolato chi in qualsiasi maniera si è trovato in situazione di miseria, di povertà, di sofferenza, di malattia, di ingiustizia…cioè nel bisogno concreto ed immediato è il criterio.
Si capisce che si parla di un aiuto concreto, fattivo. Non si tratta di “aver pensato”, “desiderato”, di un sentimento, ma si tratta di “aver fatto”, cioè si parla di un’azioni concrete dinanzi alle necessità fondamentali dell’uomo: necessità fisiche, materiali e morali che minacciano la vita dell’uomo.
1.3 Dio fa differenze!
- I “miei fratelli più piccoli” di cui parla il Re sono quindi coloro che si trovano in necessità fisica, morale, materiale. Questi sono sotto lo sguardo paterno e attento di Dio e sotto la sua speciale protezione e favore.
Questo ci dice che Dio non ama tutti allo stesso modo. Come tutti noi anche Lui fa discriminazioni: preferisce i Poveri.
Tante parole di Gesù dicono quanto Dio sia parziale. Infatti:
- E’ venuto per i poveri: “Lo Spirito del Signore è su di me e mi ha mandato ad annunciare ai poveri un lieto messaggio”. (Mt 5,3)
- Li ha chiamati beati, eredi del Regno: “Beati voi poveri perché vostro è il regno di Dio”. E ancora: “Dio ha scelto i poveri del mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del Regno”. (Gc 2,5)
- E ancora: “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto, ignobile, disprezzato e ciò che è nulla…”. (1Cor 1,27-28)
Mentre il mondo non vuole niente a che fare con i poveri Dio è dalla loro parte hanno un posto privilegiato nel suo cuore!… Quando uno di loro si rivolge a Lui sempre viene ascoltato.
“Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce” (Sal 34,7)
“La preghiera del povero va dalla sua bocca agli orecchi di Dio, il giudizio di lui verrà a suo favore. (Sir 21,5)
“Non è parziale con nessuno contro il povero, anzi ascolta proprio la preghiera dell’oppresso.” (Sir 35,13)
E noi?
Possiamo pensare alla nostra relazione con i poveri…
Ognuno di noi ha una sua relazione con il povero. Ciascuno può pensare quando è stata l’ultima volta in cui ha incontrato un povero. Bisognoso di pane, acqua, vestito… quando?
Abbiamo ascoltato il suo grido, siamo stati solidali con lui? Forse sarà stato un immigrato che ha bussato alla porta della mia casa o che mi ha chiesto un aiuto per tirare avanti… Forse è stato un malato bisognoso di consolazione?
Ti ricordi il suo volto? Che cosa hai provato? Come hai reagito?
A volte facciamo fatica a ricordarci il volto del povero, sono quasi sempre uguali in qualsiasi latitudine, hanno la faccia da poveri! Li riconosci subito, da lontano. Forse non sappiamo neppure il nome dell’ultimo povero incontrato, solitamente, infatti, il povero non ha nome: è semplicemente un povero.
Ormai, nelle nostre città, i poveri hanno tanti volti e colori…
Per noi è difficile… per l’umanità ferita dal peccato e dall’egoismo amare il povero è difficile… ma se l’Amore di Dio entra nella vita di una persona, allora l’uomo diventa capace di amare:
Ero in una riunione in una parrocchia. Mi sono avvicinato ad una signora, Maria, un donna di circa 55 anni che aveva vicino, aggrappata al suo braccio, una bambina col volto triste. Le ho chiesto se fosse sua nipotina. Mi ha spiegato che non era una sua parente, ma una bambina abbandonata. Questa donna era restata vedova abbastanza giovane, poi sua figlia si è sposata mentre il figlio, che era restato in casa, ha iniziato ad avere problemi di droga… La solitudine e il problema del figlio la stava portando a chiudersi sempre più nella solitudine e la tristezza. Proprio in quel momento in cui il dolore è entrato nella sua casa il Signore le ha fatto capire che c’erano persone più sole di lei.
Ora la sua casa è piena di bambini provenienti da situazioni di disagio o orfani: persone sole da consolare, da amare. E lei è diventata fonte di vita per tanti.
1.4 Gesù si identifica con il povero
Dio ama i poveri con amore di predilezione, e questo è già difficile da capire e tanto più da vivere.
Ma in questo brano il Signore va oltre ogni limite:
Gesù, il Re, si identifica con coloro che hanno bisogno.
“Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere”
“In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.”
OGNI VOLTA CHE…L AVETE FATTO A ME.
- E’ una identificazione ontologica, dell’essere: tocco il povero, tocco Gesù!
“L’avete fatto a me”: Tutto ciò che noi facciamo ai poveri Gesù lo considera fatto a se.
Non dice è come se lo aveste fatto a me, ma “lo avete fatto a me”: cioè quel bisognoso, quel povero sono proprio io, non un mio rappresentante.
- Gesù si identifica con il povero, con i poveri, non quando sono onesti, rispettosi… ma sempre anche quando non sono buoni, onesti, remissivi, moralmente a posto, ma perché poveri. La loro condizione di bisogno attira la tenerezza e la benevolenza di Dio, il suo favore incondizionato!
Guardiamo il carcerato …non è in carcere in vacanza ma Gesù si identifica: “io ero in carcere e tu mi hai visitato”.
Posso odiare il peccato ma non il peccatore perché per Lui il Signore ha assunto la sua vita: sono venuto non per i giusti ma per i peccatori.
- C’è una identità:Chi si trova in situazioni disagiate, disumane si trova perciò stesso unito strettamente a Lui, entra a far parte della sua realtà personale in modo speciale.
“Dando da mangiare al povero tu dai da mangiare a Cristo” (S. Cipriano).
- Ci può aiutare ad illuminare il mistero che è nascosto in queste righe fare un parallelo con l’eucaristia. Quando si consacra si dice: “questo è il mio corpo….questo è il mio sangue”; non si dice “questo è come se fosse il mio corpo…” ma “questo è il mio corpo”! e’ questa la fede della Chiesa, in quell’ostia c’è veramente Gesù, anzi quell’ostia è il corpo di Gesù! E vedete come la Chiesa custodisce e protegge questo mistero.
Nella pagina di Matteo è come se Gesù avesse imposto le mani su tutti i poveri del mondo e avesse pronunciato quelle parole: “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, io ho avuto fame…io ho avuto sete…”l’avete fatto a me”.
A volte mi sono chiesto: ci vuole più fede nel riconoscere il corpo e la presenza di Gesù nell’Eucaristia o per riconoscerlo nel Povero?. E’ più facile credere che un pezzo di pane si sia trasformato nel corpo di Gesù o credere che quel povero è Gesù?
“L’uomo povero che incontro nel mio cammino è propriamente parlando un ostia consacrata, un miracolo alla svolta della strada, una presenza di Dio” (E. Mounier)
Si ripete più volte: “Ogni volta che…”, cioè sempre, non ci sono grandi occasioni è nella ferialità della vita che Dio mi da appuntamento nel povero.
- Questo è il modo con cui Dio vuole essere amato dai discepoli, da coloro che lo seguono, prima delle nostre preghiere prima che nelle messe il Signore aspetta da noi di essere amato nel povero. E questo non lo dico per giustificare che non va a messa!!
“Vuoi onorare il Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi: Non onorarlo qui in Chiesa con tessuti e stoffe, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Il corpo di Cristo che sta nell’altare non ha bisogno di mantelli ma di anime pure, mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura”. (cfr. Is 58 (digiuno; Is 1 culto). (S. Giovanni Crisostomo PG 58,508-509).
San Camillo de Lellis:
“Quando serviva qualcuno di loro (un povero ammalato) pareva struggersi di amore e compassione e volentieri avrebbe preso sopra di sé ogni male per raddolcire il loro dolore, e alleviarli dalla infermità. Considerava tanto vivamente la persona di Cristo negli infermi, che spesso quando dava loro da mangiare, immaginandosi che essi fossero il suo Signore, domandava loro la grazia e il perdono dei suoi peccati. Stava con tale riverenza dinanzi a loro come stesse proprio alla presenza del Signore”.(Da Ufficio delle letture, proprio)
Gli ospedali le grandi opere sociali sono nate per la maggior parte da questa sensibilità cristiana. Se i nostri politici avessero questa sensibilità tante cose sarebbero diverse. Più a misura d’uomo più a misura di Dio!
1.5 Come incontrarLo?
Ma come incontrare il povero? Gesù ce lo ha spiegato nella parabola del Samaritano.
Lì, attraverso la figura del Levita e del Sacerdote che passano davanti all’uomo derubato, malmenato senza fermarsi, è descritta tutta la difficoltà che si prova nell’andare incontro all’uomo bisognoso in nome di 100 scuse e di 1000 difficoltà…tutte legittime tutte comuni a ciascuno di noi.
Ma la verità è una sola, perché non dircelo? il povero disturba, il povero chiede tempo, il povero chiede spazio nella mia vita, vuole la mia attenzione, il mio affetto…
Il centro dei minori della Comunità Missionaria di Villaregia in Brasile ha iniziato perché bambini venivano nella cappella della missine e scivolavano sotto i banchi della chiesa durante le messe…schiamazzavano fuori …finché i missionari hanno iniziato a tenerli in casa la gente non li sopportava e un po’ anche i missionari poi stando con loro si sono commossi davanti alle loro storie sofferte …si sono accorti che erano dei piccoli Gesù e per loro si è costruita quella che il vescovo locale quando l’ha benedetta ha definito la “cattedrale dei bambini di strada”.
Per incontrare il povero alla fine non c’è che una scelta: lasciare la propria strada tranquilla ed asfaltata, lasciare i propri affari tutti assolutamente e sempre urgenti per dare la precedenza al bisogno di vita di dignità, di pane, di acqua dell’altro.
Il povero ci chiama a conversione, cioè a cambiare il cuore infatti in Lui non c’è niente di interessante, di piacevole, di attraente, di bello.
È il VOLTO di Dio che vediamo nel povero. Gesù sulla croce è nudo, abbruttito, umiliato, deriso .
Nella croce di Gesù c’è la sofferenza del Mondo! Non è stata una croce di legno, delle sferzate o dei chiodi ad uccidere Gesù, ma l’angoscia di tanti: i poveri del mondo, l’abbandono di tutti i soli, la fame di ogni bimbo. Tutto questo ha schiacciato Gesù.
Per questo la Chiesa ci chiede di baciare quella croce spoglia, perché questo sia simbolo della mia fedeltà di Amore al Crocifisso, a colui che porta la croce, al Re povero, che ritrovo in tutti coloro che soffrono
“C’è un criterio per conoscere se Dio è vicino o lontano da noi: chi si preoccupa dell’affamato, del nudo, del povero, del disperso, del torturato, del carcerato, di ogni carne sofferente, ha Dio vicino.” Mons. Romero.