FILUMENA MARTURANO
di Eugenio Terenzio, seminarista del II filosofia
Commedia in tre atti di Eduardo de Filippo – Napoli, 1946 .
Un’ opera di grande spessore, densa di riferimenti alle molteplici e sottili dinamiche che animano l’umano, tanto che non senza fatica la si cataloga nel genere di “commedia” nell’ambito del vasto panorama del teatro novecentesco. Filumena Marturano potrebbe, senza problemi, venir considerata alla stregua di una “elegia alla vita” o assumere il ruolo da capostipite di un ideale e nuovo casato di “tragedie a lieto fine”.
Ad andare in scena è la decadenza della famiglia tradizionale di stampo medio-borghese, crisi inserita nel contesto più ampio di disfacimento generale, eredità delle Guerre mondiali e del profondo mutamento della società, tema molto caro al De Filippo. A guisa di una mitica “eroina” forte, tenace, scaltra, con una personalità fortemente complessa, Filumena contrasta e provoca al medesimo tempo la rottura con gli schemi tradizionali. Ella è la convivente del facoltoso Domenico Soriano, da quasi trent’anni, dopo un passato di povertà e di prostituzione; è colei che non sa piangere, perché “si piange quando si conosce il bene e non lo si può avere”, e Filumena, il bene, non lo ha conosciuto mai. E’ la donna che non sa leggere, scrivere, non conosce le “leggi degli uomini” ma combatte strenuamente a favore delle sue leggi, ancestrali e moderne al tempo stesso: “i figli sono figli” sono tutti uguali, da figli vanno trattati anche se illegittimi e privi della prerogativa di un cognome. “I figli sono figli” ammonisce la Madonna delle Rose dall’icona del vicolo S. Liborio, dopo che “si è vista affrontata” dalla tenace Filomena che le richiedeva un segno; sono figli, e non verranno uccisi “come hanno fatto le altre”. La battaglia della Napoletana culminerà nella battuta più celebre e coinvolgente di tutta l’opera: “I figli non si pagano”, dichiarazione catartica sulla natura incommensurabile della genitorialità, fatta di gratuità e di amore vero. Alla fine dell’ultimo atto, prima che cada la tela, Filomena saprà abbandonarsi ad una emozione completamente nuova e gradevole: il pianto. Ha ottenuto di farsi sposare dal Soriano, ha donato un cognome ai suoi ragazzi, ha realizzato la sua nuova famiglia, per quanto sui generis e fortemente in ritardo rispetto ai canoni ordinari. Filumena Marturano riuscirà a piangere e unitamente a lei lo spettatore, anche quello dal cuore più coriaceo.