Evangelii Nuntiandi.
Ricchezza evangelica e povertà umana
Come portare a qualcuno qualcosa di cui crede di non sentire il bisogno?
Paolo VI nell’enciclica Evangelii Nuntiandi dell’8 dicembre 1975 afferma: «Possa il mondo del nostro tempo […] ricevere la buona novella, non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per prima ricevuto in loro la gioia del Cristo» (EN 80). Questo è lo stile che noi cristiani ci proponiamo di avere; la testimonianza e coerenza di vita sono il primo annuncio visibile agli uomini. Lo stesso Vangelo secondo Giovanni ricorda, infatti, che: «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4, 20); non bastano le parole se non seguite da azioni concrete.
Il VII capitolo di questo documento è intitolato Lo spirito dell’evangelizzazione, ed esordisce dicendoci quali attitudini devono animare gli operai dell’evangelizzazione:
- essere degni di questa vocazione;
- esercitarla senza dubbio e paura;
- non trascurare le condizioni che la renderanno attiva e fruttuosa (cfr. EN 74).
Queste indicazioni – a prima vista semplici – racchiudono in realtà un vero e proprio programma di vita che spinge innanzitutto l’annunciatore alla conversione e fedeltà radicale al Vangelo. L’evangelizzazione poi, procede e porta frutto solo se animata dall’azione dello Spirito Santo. Questo apre la riflessione su chi sia il centro del nostro annuncio, se siamo noi stessi o Dio. La vita stessa di Gesù è stata animata e guidata per intero dalla presenza dello Spirito Santo, a partire dal battesimo fino alla morte. Così anche ai discepoli, prima di inviarli, Gesù dice: «Ricevete lo Spirito Santo» (cfr. Gv 20,22), ed è per questo che solo dopo Pentecoste gli apostoli partono verso tutte le direzioni del mondo. «Lo Spirito inoltre ispira a Pietro, Paolo, Stefano e gli apostoli le parole da dire e predispone l’animo di chi ascolta perché sia aperto ad accogliere» (EN 75).
Anche la preparazione più raffinata dell’evangelizzatore non opera nulla senza di Lui, lo Spirito è l’agente principale dell’evangelizzazione: è lui che spinge ad annunciare il Vangelo. «Lo Spirito Santo, cambia il cuore; non è solo una indicazione di volontà, ma un principio nuovo attivo e operativo; non comanda solo di fare, ma aiuta a fare. Esso crea il cuore nuovo che fa volentieri le cose che Dio comanda, perché ama Dio e si fida di lui. Si basa sull’amore e spinge ad agire per attrazione» (cfr. R. Cantalamessa, Povertà, Àncora, Milano 2012, 51-52).
Di fronte alla chiamata di annunciare così tanta ricchezza evangelica, spesso accade di scontrarsi con la nostra povertà, trovandosi in una situazione di stasi da cui è difficile muoverci e porre i primi passi: «La nostra epoca non ha solo un pensiero debole, ma anche una volontà debole, una memoria debole. Il mito parla spesso di una divinità fatta a pezzi, le cui membra sono disperse per tutto l’universo. Tale diventa anche l’anima umana» (cfr. R. Cantalamessa, Povertà, Àncora, Milano 2012, 146).
Pensare ad un quadro e alla sua cornice può aiutarci a riunificare noi stessi e risolvere questo empasse; la cornice siamo noi, con il nostro esserci attiriamo, spingiamo l’attenzione al quadro che è simbolo del messaggio del Vangelo. Quella cornice-anche se è poco di fronte a Dio-consegnata a Lui viene arricchita e impreziosita, e quanto più la cornice è stata lavorata tanto più diviene bella e rimanda al dipinto. In questo modo anche noi stessi siamo un mezzo per questo incontro con Dio, siamo ricchezza da condividere con gli altri. Con questa analogia abbiamo tentato di conciliare la ricchezza del Vangelo e la povertà umana degli annunciatori per sottolineare come non siano in contraddizione, ma in piena correlazione e tensione dinamica.
Il Papa, parlando agli educatori, invita a «camminare insieme» ai giovani perché – sottolinea – «non si può educare senza camminare insieme alle persone che si stanno educando. È bello quando si trovano educatori che camminano insieme ai ragazzi e alle ragazze».
«Educare – spiega Francesco – non è dire cose puramente retoriche; educare è far incontrare quello che si dice con la realtà. Questa è l’educazione umana» (Papa Francesco, La tradizione non è statica: è dinamica [acistampa.com]).
Il nostro secolo – prosegue Evangelii Nuntiandi – ha sete di autenticità. I giovani hanno orrore del fittizio, del falso e ricercano sopra ogni cosa verità e trasparenza. Alcune domande del documento ci aiutano a riflettere sulle motivazioni che ci animano a questa missione: Crediamo veramente a ciò che annunciamo? Viviamo quello che crediamo? Predichiamo veramente quello che crediamo? (cfr. EN 76).
A queste domande seguono tre guide che ci ricordano di cosa deve alimentarsi la predicazione: preghiera e amore all’eucarestia. Il mondo «reclama» evangelizzatori che parlino di un Dio, che essi conoscano e sia loro familiare. Attende da noi semplicità di vita, spirito di preghiera, carità verso tutti, ubbidienza e umiltà, distacco da noi stessi e rinuncia.
Infine, considerando il mondo e la società globalizzata in cui viviamo, ancor di più l’opera dell’evangelizzazione richiede nell’evangelizzatore un amore fraterno crescente verso coloro che egli evangelizza:
- rispettando la situazione religiosa e spirituale delle persone che vengono evangelizzate, del loro ritmo, della loro coscienza e convinzioni senza alcuna durezza;
- l’attenzione a non ferire l’altro, soprattutto se egli è debole nella fede;
- lo sforzo di trasmettere ai cristiani alcune certezze solide perché ancorate alla parola di Dio (cfr. EN 79).
A noi è dato il compito – da rinnovare ogni giorno nutriti dal fervore dello Spirito Santo – di non lasciarsi andare alla negligenza e alla mancanza di gioia e di speranza poiché ricevere l’annuncio della Buona Novella della salvezza è un diritto per ogni uomo. Questo implica conservare la gioia di evangelizzare anche quando occorre seminare nelle lacrime.
Pietro Moressa