INTEGRAZIONE DELLA DIMENSIONE SESSUALE NEL CELIBATO
Secondo incontro culturale
Dopo il primo incontro culturale vissuto nel Centenario del GAMis con la proposta di padre Giulio Albanese sul magistero di papa Francesco alla luce dell’Evangelii Gaudium sulla missionarietà della Chiesa, il giorno 13 novembre 2023 ci ha raggiunti in Seminario Marta Rodriguez, nuova responsabile della sezione Donna del «Dicastero per i Laici, famiglia e Vita». La dott.ssa Marta Rodriguez è una consacrata del Regnum Christi e direttrice dell’Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Il suo incontro è iniziato con la domanda: Come integrare tutta la dimensione sessuale e affettiva del
candidato al sacerdozio nel celibato? Quali strumenti e modelli pedagogici si possono offrire?
Il celibato, oggi, sembrerebbe una missione impossibile. Il sentire culturale comune lo descriverebbe come antinaturale, non necessario. Il celibato – scopriremo – è la cosa più bella di chi è chiamato all’Ordine Sacro. È un aspetto centrale nella formazione al ministero sacro: avere un cuore che sia capace di amare con la libertà e l’intensità di Gesù. Un cuore libero di amare, con tutta la mascolinità, senza lasciare aspetti repressi. Un cuore saldo, che sa vivere i rapporti con l’amore di Gesù.
Occorre, però, fare i conti con due rischi: il guardare solo la mèta, cioè l’idealismo. L’amore di Gesù è sponsale, ma non romantico. Nell’idealismo si guarda molto dove si va, senza rendersi conto di dove si è! Il secondo rischio è il guardare solo al punto di partenza, senza contare sulla grazia di Dio. Il rischio è l’astrazione, il guardare solo dove si è.
Per percorrere l’itinerario di integrazione della dimensione sessuale nel celibato occorre premettere delle certezze. Gesù continua a chiamare alcuni uomini a vivere la sua stessa vita. Egli non toglie nulla, bensì dà tutto. Ci vuole uomini pieni. La virilità dell’uomo è parte integrante della testimonianza sacerdotale: si può essere luce per la Chiesa. Il Signore suscita testimoni che servono a illuminare le tenebre di ogni parte della storia, e il celibato è una vocazione all’amore. Ultima premessa è che non siamo mai soli! La mèta è il cuore di Cristo. È Lui l’orizzonte e la fonte della formazione affettiva. Cristo è la forza che redime e guarisce l’uomo. Il cammino sarà quello di configurare la nostra dimensione sessuale di mascolinità con l’uomo vero che è Cristo.
Per intraprendere questo percorso occorre partire da un punto di partenza: la nostra fragilità. Se siamo non solo sinceri, ma anche consapevoli e collaboriamo alla grazia di Cristo, Egli opera più facilmente. Tutti noi dovremmo avere una scritta sulla schiena: «Lavori in corso; scusate per il disagio!». È il già e il non ancora. Dunque, un percorso che parte dalla consapevolezza che gli affetti costituiscono un elemento fondamentale dell’essere umano, non vengono eliminati, piuttosto educati ed integrati. Quando si parla di «maturità affettiva» ci si riferisce a un percorso formativo in cui la persona possa escogitare ed imparare forme di espressione che ci permettono di trattare le emozioni in modi che non solo non siano dannosi a sé e agli altri, ma possibilmente siano manifestazioni concrete dei valori più profondi
della vita umana (cfr. F. IMODA, Sviluppo umano. Psicologia e mistero).
Per attuare questo, è auspicabile intraprendere un lavoro su di sé che comprenda anche le proprie componenti inconsce, perché la sfera dell’affettività e della sessualità presenta una plasticità e una
globalità che riguarda gli aspetti più diversi della vita umana, spesso senza che il soggetto ne sia
consapevole. Un elemento di speranza, importante nel cammino verso la maturità affettiva è il sentirsi «giovane» interiormente, mostrando la capacità di entusiasmarsi, di stupirsi per ciò che è bello, infiammarsi, avere grandi desideri ed essere disposti a giocarsi per essi (cfr. G. CUCCI, La forza della debolezza. Aspetti psicologici della vita spirituale).
Non c’è nulla che il Signore abbia potuto permettere nella vita di ogni uomo che non possa trasformarsi un dono. Dove c’è una ferita, lì c’è anche la sovrabbondanza della grazia: è la redenzione.
La nostra mascolinità, la nostra chiamata alla comunione è ferita, ma può essere redenta da Cristo.
Marta ci ha offerto alcune piste di approccio, concludendo che il celibato è possibile. «Non solo è
possibile, ma molto bello. È un aspetto centrale nella formazione in seminario, è parte del dono del
sacerdote che abbellisce la chiesa. Richiede un cammino che fa trasfigura la mascolinità di ciascuno
per essere uomini come Cristo».
Paolo Larin