IV Domenica di Quaresima – Anno B
Dal Vangelo secondo Giovanni (3, 14-21)
«14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate.21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Non è male vedere la Quaresima come un tempo di recupero di valori, idee, principi, comportamenti che raddrizzano, riassettano l’impostazione di tutta la vita, come è successo per gli Ebrei in occasione dell’esilio (cfr. 1a lettura).
L’uomo ha bisogno di mettersi in disparte per revisionare la sua vita, per fare un check-up, come si fa per il suo corpo, come si fa per le macchine. E ringraziamo Dio che ci dà questa opportunità.
Apparentemente tutto va bene, tutto sembra andare per il suo verso, poi magari il dottore ci dice: “Per fortuna che sei venuto in tempo, altrimenti sarebbe potuto accadere questo o quest’altro.”
L’esilio in sé, sradicamento di affetti, abitudini, luoghi, attività connaturali alla persona, ci rimette in gioco, dà delle novità di impostazione di vita, tira fuori possibilità inattese, rinnova la stessa vita dando allo “spirito” quanto gli compete, perché, distratti dall’effimero, lo avevamo forse in un angolo insignificante della nostra esistenza.
In sostanza è questo il momento buono perché ci rendiamo conto delle abituali infedeltà fatte al Signore per rigenerarci una volta ricevuto il suo perdono.Quando ero più giovane -la presunzione rovina sempre la nostra vita spirituale!- pensavo che si esagerasse nel dire che la santità, la purificazione del cuore, la vita di grazia fosse tutto un dono gratuito di Dio e poco lavoro degli uomini. Nel binomio opere – grazia, implicitamente o esplicitamente, davo tanta importanza al lavoro personale, alle capacità umane, al costante impegno per ottenere cambiamenti radicali di vita.
Poi il tempo ti fa capire che se non c’è il dono di Dio, la sua misericordia, il suo occhio benevolo su di te, non combini niente di buono. “Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma viene da Dio, né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene” (2a lettura: Ef 2, 8-9) c’è tutta una teologia, in queste poche parole, che ci sprona a decentrare tutta la nostra vita spirituale. Ma certo che noi agli occhi del Signore, valiamo, ma se non operasse Lui cosa saremmo capaci di fare noi? Danni! Senza pessimismo!
Probabilmente in questi tempi (voglio dire di quaresima) c’è maggiore opportunità per «mettersi in disparte» e fare entrare Lui in noi: non solo farà le cose meglio di quanto facciamo noi, ma ci dà l’esatto peso, misura, importanza della nostra vita. A noi spetta buttarci incondizionatamente tra le sue braccia; poi, quando Lui sarà entrato dentro di noi, opereremo di conseguenza, ma allora la nostra forza è proprio la consapevolezza della nostra debolezza, perché ci rendiamo conto chi è il Creatore e chi la creatura.
E andiamo al Vangelo, al “personaggio” Nicodemo e ai profondi insegnamenti di Gesù.
Nicodemo è capo dei Giudei, cioè appartiene probabilmente al Sinedrio (assemblea), il più autorevole organo religioso (e spesso anche civile) al tempo di Gesù.
Di per sé dunque è autorevole.
Va da Gesù “di notte”: potrebbe avere paura di essere osservato, ma questo contrasta con quanto farà più tardi:
- cerca di difendere Gesù, perché è leale e corretto: “la nostra legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?” (Gv 7, 51)
- sarà uno dei pochi che si espone per deporre nel sepolcro il corpo di Gesù schiodato dalla croce (Gv 19, 39).
La notte può indicare il dubbio, uno che va alla ricerca della verità. Nicodemo è un ricercatore di Dio. Magari ognuno di noi, nel dubbio, nei vari tunnel dell’esistenza andasse alla ricerca di uno che illumini i nostri passi!
Cosa gli dice Gesù?
C’era stato il simbolo del serpente che era stato innalzato. E così salvava gli Israeliti se lo avessero guardato. Anche Gesù sarà innalzato sulla croce. Chi lo guarderà, sarà salvato. Basta credere in Lui.
“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16).
Credo che bisognerebbe riflettere a fondo su queste espressioni. Da una parte c’è “il mondo”, cioè l’umanità peccatrice, bisognosa di essere salvata, rigenerata, “di rinascere dall’alto”.
Dall’altra c’è Dio, che ha una ricchezza incomparabile: suo Figlio, l’unico.
Ebbene: Dio dona gratuitamente suo Figlio perché il mondo, che è strutturalmente avverso a Lui, sia salvato.
Cos’altro poteva dare Dio? Il dono di suo Figlio è la somma e la completezza di tutti i vari doni di Dio, che Lui darà; cioè nella “miniera” che è il Figlio, possiamo trovare tutte le ricchezze di cui la nostra vita ha bisogno.
L’umanità è in una condizione strutturale di peccato, cioè di avversità al Signore. E Lui per contro si pone di fronte ad essa in una condizione di amore gratuito e stabile. Dio per primo offre la mano. E pensare che c’è anche chi è indifferente a questo gesto d’amore e lo rifiuta!
- Gesù non è venuto per giudicare, ma per salvare, perché chi crede a Gesù, chi aderisce esistenzialmente alla sua presenza, chi fa tutt’uno con Lui non può essere giudicato. Chi ama Gesù, è inerente a Lui, non può essere condannato; invece sarà giudicato e condannato chi si autoesclude dalla salvezza eterna, rappresentata proprio dalla sua persona.
- Gesù palesa con un’altra immagine questo contrasto: con quella delle tenebre e della luce.
Le tenebre sono il male, il peccato, l’egoismo, la menzogna, la falsità, perché i figli delle tenebre operano nel buio. I figli della luce non hanno invece niente da nascondere, sono figli della verità.
La verità è Gesù stesso. Testimoniare la verità vuol dire essere testimoni di Lui. La falsità è Satana: luce e tenebre hanno dunque una connotazione religiosa e che esigono “una scelta di campo”. Dai vari testi sparsi qua e là nel N. T. dunque possiamo capire che la verità è Gesù e Satana è la falsità: chi scegliamo? Non solo: la verità è sì la retta conoscenza di Dio, ma è anche la retta conoscenza di sé, perché solo la luce che è Dio può illuminare a pieno la nostra coscienza per saper discernere dove sta il nostro bene e dove il nostro male.
L’uomo ha tante zone d’ombra nella sua vita: conosciute o non conosciute. Quando si pone davanti a Dio, le zone d’ombra si illuminano e l’uomo rende se stesso trasparente a se stesso. Conseguentemente anche la vita morale è luce se conforme a Dio, è tenebra se conforme a Satana.
Di più: quanti credono che Egli è luce, diventano figli della luce (Gv 12, 36) e propagano la verità, la luce, dovunque ci siano le tenebre. L’ateo consapevole, ostinato, l’incredulo annebbiato dal peccato e dalla superbia, dalla presunzione e dall’arroganza si pone nella sfera dell’inimicizia contro Dio e può essere già disposto, orientato a compiere “opere malvagie”. Chi invece è nella luce compie opere di bene.