3. La profezia della fraternità
L’ idea di inviare a due a due è, per noi del secondo anno di teologia, l’immagine che rappresenta il dono della vocazione, dono che va condiviso necessariamente con i compagni di cammino per aprirsi alla fraternità nel ministero. Il documento, nel descrivere il presbiterio rifiuta l’idea, troppo giuridica e troppo organizzativa, per parlare di un unicum sacramentale: pur non negando assolutamente la molteplicità dei servizi che un sacerdote offre, tuttavia si riconosce che unica è la missione e unico è il modo di viverla, nella fraternità. Tra i momenti più belli nella vita di un sacerdote c’è la visita, che è il giusto equilibrio tra un’assenza e una presenza: colui che visita infatti si rende presente ma non prende dimora stabile e invasiva nel luogo che visita. Il documento ribadisce poi che non si può essere presbiteri senza il vescovo e senza i confratelli: il ministero è una realtà collegiale. In effetti la vera solitudine di un sacerdote non è quella della canonica in cui vive ma è la mancanza di comunicazione con i suoi confratelli. Questo sfocia in pericolosi ripieghi e dipendenze, come ad esempio, la dipendenza dai social network e dai programmi televisivi.
Ai vescovi, ai presbiteri, ai diaconi spetta la cura della chiesa particolare. Il senso di appartenenza al presbiterio è da conseguire principalmente attraverso organismi collegiali (quali, ad esempio, il consiglio episcopale, il consiglio pastorale, il consiglio per gli affari economici, il consiglio presbiterale). Il punto di partenza del capitolo è, quindi, l’affermazione della solidarietà nella cura pastorale della diocesi attraverso organismi collegiali, i quali costituiscono la via principale di coscienza e concretizzazione di una forte appartenenza al presbiterio. Il presbiterio è, in questa prospettiva, il luogo per ravvivare il dono del sacerdozio che viene da Dio.
La fraternità si concretizza in atti di comunione, di condivisione e di corresponsabilità, e di queste è il presupposto; essa si realizza attraverso momenti di incontro fra confratelli e vescovo e permette ad ogni sacerdote di superare l’impressione di dover affrontare tutto da solo; per di più, la stessa suddivisione della diocesi in vicarie, zone e unità pastorali costituisce l’ambito più opportuno per coltivare la fraternità sacerdotale. Tutte queste forme di collaborazione fraterna diventano inoltre un modo nuovo per esercitare la carità pastorale e, allo stesso tempo, veicoli di espressione della spiritualità del prete diocesano, che da esse dipende.
Il testo infine suggerisce la formazione permanente del clero come sostegno della vita del ministro sacro nelle sue diverse stagioni e condizioni, riferendosi, in modo particolare, a preti giovani, di mezza età, anziani e malati: quanto ai primi, vengono sottolineati due ruoli principali della formazione permanente: essa è anzitutto prolungamento di quella già ricevuta in seminario; in secondo luogo, essa propone la conoscenza con i preti più anziani e maturi come un graduale inserimento nelle relazioni del presbiterio diocesano.
II Teologia